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San Luca: basta “battesimi” fuori dalla Chiesa. Finiamola di bruciare i “santini”


Klaus Davi: Cu è!!?? Eu no lu canusciu. Chi è? Io non lo conosco.

“ cu è cu è chi s’avvicina, mi pari lu canusciu alu caminu. Vui siti grandi ed e su picculinu, su vostru figghiu Peppi Musulinu”

A San Luca si respira aria d'estate. Le cicale sono le note di una colonna sonora che accompagna tutte le generazioni dei piccoli centri nel cuore dell’Aspromonte
Un canto sempre uguale, eppure così diverso per ognuno.

Aria fresca, profumata, il canto instancabile delle cicale, una serenità impagabile. Eppure qualcosa non va ... non funziona.

Vi ripropongo una riflessione di qualche anno fa. Un quadro, un fermo immagine impossibile da ridisegnare,  da superare.

ROCCAFORTE DEL GRECO: IO GIORNALISTA TRA LE STRADE INCUPITE DELLA MIA INFANZIA LUMINOSA.

Roccaforte del Greco (Reggio Calabria) - l'urlo di disperazione non si sente ma è strisciante nell'aria, per le strade, per i vicoli, nello sguardo della gente. Un degrado e un senso di abbandono che sono come un pugno secco e improvviso nello stomaco. Rimani senza respiro, con gli occhi spalancati, incredulo. Tutto è cambiato rapidamente, una manciata d'anni e niente è più come prima.

Nemmeno i rumori, le voci, i profumi, i colori sono più come allora. Sembra un altro posto. E invece è Roccaforte del Greco. Il mio paese. Ci sono nato, ho vissuto la mia infanzia. i migliori anni della mia vita. Spensieratezza, gioia, musica, allegria, VITA.

I miei genitori, tutti i padri, le madri, hanno "stentato", hanno fatto sacrifici per tentare di darci un futuro migliore. Ma di futuro migliore rimane solo quel presente oramai passato.

Sulla via Provinciale una casa oggi un rudere, un tempo pieno di vita. Un papavero, rosso, imperioso, al centro di una cornice. Monet non avrebbe saputo far meglio. Il tempo ha reso bello, artistico quella desolazione e squallore che stava per prendere il sopravvento tra le mie sensazioni. Una forte emozione. il bello a Roccaforte del Greco c'è ancora. Niente è perso. E' solo lì, trascurato, maltrattato.

Cerco di cogliere dalla gente gli spunti per rendere il reportage non scontato. E' difficile però fare il giornalista con chi ti sei cresciuto, con chi hai condiviso parte della tua fanciullezza. E allora si chiacchiera davanti alla telecamera. E ne viene fuori uno spaccato di vita vera. Fatta di dignità, orgoglio e nello stesso tempo di tristezza, di malinconia. Le parole perdono il senso, il significato. Gli occhi, gli sguardi chiedono senza dire le parole dicono senza chiedere, con l'umiltà di chi non ha mai chiesto apertamente e nello stesso tempo sà che è arrivato il momento per farlo.

Uno Stato che col passare del tempo ha accompagnato il declino del paese, il degrado del territorio, la sfiducia della gente. Uno Stato assente, distratto, cinico.
Lo spopolamento è a livelli storici. Le case vuote, Per strada quasi più nessuno.

In questi giorni colleghi giornalisti di testate nazionali hanno pensato bene di evidenziare l'astensione al voto delle recenti amministrative comunali. 61 votanti su 522. Una debacle incredibile? Dipende.

Certo i numeri sono importanti, ma come diceva Robert Kennedy nel 1968, i numeri non sono tutto. In un paese contano anche e soprattutto i sentimenti, le passioni, le aspirazioni della gente; e questi certo non li troviamo nei numeri. E allora bisogna cercare altrove. Altro che fare medie e balle varie.

Cercare i piccoli tesori nascosti in ogni persona. L'opera d'arte che un rudere può nascondere e portarlo alla luce.
Il papavero rosso in una finestra di una casa diroccata ma ricca di storia è quel barlume di speranza che rappresenta la vitalità di Roccaforte del Greco. Tocca allo Stato fare in modo che venga tutelato e valorizzato. Il resto sono solo numeri e la GENTE non ha bisogno di numeri. Vuole vivere. Vuole sognare. Vuole soprattutto sentirsi orgogliosa di essere Roccaforticiana.


Il dialogo di Peppi Musolino con il padre rappresenta un momento di poesia altissimo per noi dell’Aspromonte, per la nostra sensibilità nel vivere quotidiano. Mal si coniuga però con il cinismo e la crudeltà di chi ha trovato l’alternativa allo “Stato Civile” ed in ogni modo e con ogni mezzo prevarica e salta tutti i passaggi dettati dalle regole imponendosi sia con il consenso silenzioso e complice che con la prepotenza.

Uno “Stato” parallelo, quello della ‘ndrangheta.
‘Ndrangheta sempre pronta e disponibile ad ascoltare, a mediare, a risolvere. Come fosse una grande famiglia.

“Stato Civile”, invece, sempre pronto a reprimere. Non ti ascolta. Ti umilia. Prende senza dare. Abbandona il debole e lo lascia solo.

Ecco allora crescere alta e forte la “gramigna”. Il terreno è fertile. Spesso i veri ndranghetisti si servono dei ragazzi. Li illudono, li utilizzano. Dando loro l’impressione di aiutarli a diventare “uomini”. Uomini d’onore.

La realtà è questa nei piccoli centri aspromontani. Nessuno escluso.
Si nasce, si cresce, si respira, si vive di ndrangheta.
In ognuno di noi vi è un piccolo ndranghetista. Ed è vero. Si è quasi orgogliosi di avere come amico, un nome, un cognome, un soprannome importante come “compare”.
Raramente lo si è per un uomo delle “Istituzioni”.

In apparenza si è tutti contro la ndrangheta. La regola numero uno (per la ndrangheta e non solo) mai palesare il tuo vero pensiero. Tuttaltro. Si parla, quando lo si fa, e si dice il contrario di quello che si pensa veramente.
Una “falsa politica” che rafforza quel DNA che contamina sin dalla nascita la gente d’Aspromonte nella sua quasi totalità.

Peppi Musulinu, Muttette, Tarantelle, murra, nnacata, quel dire e non dire sono caratteristiche radicate, quasi etniche, ancestrali. Uniche. Identificano un territorio, l’Aspromonte, il reggino. Non a caso la “mamma” della ndrangheta è San Luca.
Questo è. Piaccia o non piaccia.

Improvvisamente sbuca quasi dall nulla il collega giornalista, massmediologo e opinionista Klaus  Davi. Si auto candida a sindaco di San Luca. Un altro nome fra i tanti che si sono susseguiti nell’ultimo mezzo secolo. Un altro pezzettino di cornice che si aggiunge ad un quadro che è ben altra cosa. Un quadro fatto di persone, di gente che pretende di vivere una vita dignitosa e libera. Forse ...

Lu paisi esti di lu paisanu. Gli urlano.
Il paese è del paesano. Le porte di San Luca, riteniamo, devono rimanere aperte a tutti. Anche a Klaus. Libero di venire, libero di andare.
Altra storia invece per chi nel posto ci è nato e vissuto. La scelta non è così scontata o quantomeno mai libera.

Via la ‘ndrangheta da San Luca!
Facile a dirsi.
Sutta a cu camini?
Eu caminu supra laterra, sutta lu cielu e Jancu dill’amici.

Klaus è anche con questo che dovrai confrontarti. Purtroppo. E’ vero San Luca è più sicura di Milano (forse).
Cambierà?
Guardiamoci intorno.
Godiamoci questa estate 2018.

Mettiamo da parte battesimi, santini e lasciamo in pace la Madonna (di Polsi).


Luigi Palamara

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