Reggio Calabria 28 marzo 2025. Nelle aule ovattate del Tribunale di Reggio Calabria è caduta la scure della giustizia su Massimo Ripepi, consigliere comunale di centrodestra e figura di spicco della politica calabrese. Una sentenza di primo grado, pronunciata dal giudice Pina Porchi, ha inflitto a Ripepi sei mesi di reclusione (pena sospesa) per favoreggiamento personale. Un'accusa pesante, che lo vede coinvolto in un torbido scenario legato a un caso di violenza sessuale su una bambina di soli dieci anni.
I fatti risalgono al 2020, quando Ripepi, non solo politico ma anche pastore della Chiesa cristiana "Pace", sarebbe intervenuto nella drammatica vicenda di una donna nigeriana, madre della piccola vittima. Secondo l'accusa, il consigliere avrebbe spinto la donna a ritirare la denuncia nei confronti dello zio della bambina, oggi deceduto, condannato successivamente a sette anni di carcere per gli abusi. Un tentativo, secondo il pubblico ministero, di ostacolare la giustizia, un gesto che è costato a Ripepi la condanna odierna, sebbene il PM avesse chiesto una pena più severa, pari a undici mesi di reclusione.
Ma Ripepi non ci sta. Con la sua consueta verve, ha affidato a Facebook la sua versione dei fatti, ribadendo con fermezza la propria innocenza. "Accetto questa sentenza e continuerò a difendermi nel secondo e, se necessario, nel terzo grado di giudizio. Le sentenze si rispettano, ma non si discutono", ha dichiarato in diretta. Poi, con un tono di sfida, ha aggiunto: "Ho fatto solo il bene di una famiglia. Non mi pento di averlo fatto e lo rifarei ancora".
Parole forti, che risuonano come un manifesto di resistenza di fronte a una giustizia che, a suo dire, non ha compreso il vero senso del suo operato. Ma la comunità si divide: c'è chi lo sostiene e chi, invece, lo considera colpevole senza appello. Il caso Ripepi non è solo un fatto giudiziario, ma una vicenda che investe il rapporto tra morale, fede e legalità, scuotendo le fondamenta del tessuto politico e sociale calabrese.
L'eco del processo si diffonde ben oltre le mura del tribunale. Il nome di Ripepi, già noto per la sua attività politica e religiosa, ora si lega a una storia dai contorni inquietanti. Quali saranno le prossime mosse del consigliere? L'appello è già nel mirino, un secondo round in cui si giocherà il tutto per tutto per ribaltare la sentenza.
Nel frattempo, la città osserva e commenta. E mentre la giustizia segue il suo corso, resta l'interrogativo: Massimo Ripepi è vittima di un errore giudiziario o responsabile di un tentativo di insabbiamento? La risposta, forse, arriverà nei prossimi gradi di giudizio.
Luigi Palamara
0 Commenti