Ci sono individui che parlano senza mai fare nomi, che si ergono a giudici supremi del pensiero altrui mentre rifiutano il confronto diretto. Credono che l’ambiguità dia loro potere, che il non esporsi li renda intoccabili. Ma in realtà è il segno di una fragilità profonda.
Chi pontifica senza nome né volto lo fa perché teme la verità dello sguardo altrui. Teme che, nel nominare, la sua costruzione di superiorità si sgretoli. In fondo, chi crede di possedere da solo la cultura si isola, si chiude in una torre d’avorio senza finestre, dove può specchiarsi all’infinito nella propria eco.
Eppure, la cultura vera nasce nell’incontro, nel nome pronunciato, nella vulnerabilità di chi osa dire: “Sto parlando di te, con te, davanti a tutti.” L’innominabile non è potente, è semplicemente solo. E nella sua solitudine si illude di essere maestro, quando in realtà è solo discepolo di se stesso.
Luigi Palamara Tutti I diritti riservati
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