Ricevere l’apprezzamento di due Presidenti della Repubblica non è privilegio di molti. Eppure, questo raro onore è stato riservato a Primo Carpentieri, un uomo di Bellegra che, tra il 1943 e il 1945, scelse l’inferno della prigionia ad Amburgo piuttosto che piegare la schiena alla Repubblica di Salò e all’esercito tedesco. Un rifiuto netto, silenzioso e coraggioso, che lo condusse nei lager nazisti e lo consegnò alla storia come esempio di integrità morale.
Lo ricorda oggi una toccante lettera inviata a suo figlio Bruno dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Il Signor Presidente è stato recentemente informato in merito alla prodiga attività svolta da Suo padre [...] e ha incaricato di farle giungere l'apprezzamento per la forza d’animo con cui ha vissuto [...] un così triste capitolo della nostra storia contemporanea”, si legge nella missiva. Parole che suggellano non solo una memoria personale, ma un valore collettivo.
Un riconoscimento che non resta isolato. Come segnala il nipote Piero Carpentieri, oggi finanziere della Guardia di Finanza, il sacrificio del nonno è stato ufficialmente riconosciuto nel 2010 con la Medaglia d’Onore conferita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Un gesto simbolico ma carico di significato, cui ha fatto seguito, il 25 aprile 2011, l’inaugurazione di una targa davanti alla casa natale di Primo Carpentieri a Bellegra. Una pietra che parla e racconta: “Per il Dovere Sacro nella difesa della Patria [...] deportato e internato nei lager nazisti dal 1943 al 1945”.
E non finisce qui. Anche il Presidente Sergio Mattarella, anni dopo, ha tributato un ulteriore encomio alla memoria di quest’uomo semplice e incorruttibile.
Primo Carpentieri non ha mai cercato la gloria. Eppure, nella sua scelta di restare fedele ai valori della Patria, ha lasciato un’eredità limpida: quella di chi sa dire no, anche quando costa tutto.
Luigi Palamara
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