Aymane Ed Dafali. L’eroe che il mondo non ha voluto vedere
(Là dove l’indifferenza vince, e il dolore resta solo)
Editoriale di Luigi Palamara
Ci sono notizie che non troverete mai nei titoli cubitali. Non ci saranno le fanfare, né le dichiarazioni ufficiali.
Non ci sarà il tweet di circostanza, il post indignato, il selfie con bandierina.
Perché questa non è una storia utile.
Non sposta voti, non accende talk-show.
È solo una storia profondamente umana, e per questo – in questi tempi cinici – completamente invisibile.
Il 14 giugno 2025, Aymane Ed Dafali, sedici anni, marocchino, da tre anni in Italia, si è tuffato in mare.
Non per gioco. Non per sfida. Ma per salvare due turisti.
Due sconosciuti. Due volti che non tornerà mai a vedere.
E mentre loro, salvi, si allontanavano, forse ancora col fiatone, forse già con la mente al pranzo da fare, lui affondava. In silenzio.
Un ragazzo. Sedici anni.
Un’età in cui dovresti avere ancora la sabbia sulle mani, i sogni pieni di futuro e la voglia di spaccare il mondo.
Lui, invece, lo ha salvato.
E il mondo, come spesso accade, non si è nemmeno girato.
> “Il dolore non fa rumore. Cammina in punta di piedi.
E quando se ne va, si porta via anche il ricordo di chi lo ha provato.”
Eccolo, il dolore.
Quello di una famiglia che ha perso un figlio e sa che non vedrà la sua foto sul Quirinale.
Quello di una madre che avrà stretto la maglietta bagnata del figlio tra le mani, come se potesse ancora tenerlo stretto.
Quello di un Paese che, ancora una volta, si è voltato dall’altra parte.
Perché Aymane non aveva la “nazionalità giusta”.
Perché Aymane non era una notizia utile.
Perché Aymane ha fatto qualcosa di profondamente nobile, ma non serve. Non conviene.
E allora tocca a noi.
A noi ricordarlo.
A noi dirlo, forte, chiaro, ostinati di fronte al potere:
Questo ragazzo è un eroe.
Non con la pistola, non con le parole vuote, ma con il gesto più puro e coraggioso: sacrificare la propria vita per quella di altri.
Anche se quegli altri non avranno neanche il pudore di dire grazie.
L’atto eroico nasce dall’eros, dall’energia primordiale del dono assoluto.
Aymane lo ha incarnato.
Senza urla. Senza scudi. Solo con il cuore.
E per questo, oggi, non basta più la commozione.
Non può bastare un post, un articolo, una lacrima solitaria.
Oggi dobbiamo chiedere, con voce ferma, con responsabilità civile e dignità nazionale, che allo Stato non sia consentito il silenzio.
Ad Aymane Ed Dafali venga conferita la Medaglia d’Oro al Valor Civile.
Perché il coraggio non ha passaporto.
Perché chi salva una vita, salva un mondo intero.
Alla sua famiglia venga riconosciuta la cittadinanza onoraria italiana.
Non come gesto simbolico, ma come atto dovuto.
E con essa, ogni supporto, ogni tutela, ogni diritto e vantaggio che possa anche solo lontanamente onorare la memoria di un figlio morto da uomo, vissuto da eroe.
L’Italia può ancora fare una cosa giusta:
riconoscere la luce, anche quando ha la pelle scura e parla con un accento diverso.
Luigi Palamara
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