di Guido Santevecchi Il professor Zhong Nanshan fu inviato in città il 18 gennaio e scoprì la gravità dell’epidemia. Ora dice: «Anch...
di Guido Santevecchi
Il professor Zhong Nanshan fu inviato in città il 18 gennaio e scoprì la gravità dell’epidemia. Ora dice: «Anche la Cina rischia una seconda ondata di Covid-19»
Dal nostro corrispondente
PECHINO - La Cina (forse anche il mondo) ha capito che la «misteriosa malattia polmonare» di Wuhan era una bomba solo quando Pechino ha richiamato in servizio permanente effettivo il pneumologo ed epidemiologo Zhong Nanshan, 84 anni, noto come «l’eroe della Sars». Era il 18 gennaio, le autorità della metropoli dello Hubei insistevano a sostenere che solo 41 persone avevano sintomi legati all’affezione «sconosciuta» e che il virus non si trasmetteva tra persone, ma era circoscritto in un focolaio nel mercato di carne selvatica. Il professor Zhong Nanshan quel 18 gennaio andò a Wuhan per indagare e appena arrivato il suo telefono cominciò a squillare: medici e suoi ex studenti lo avvisavano che la situazione in città era molto più grave di quanto si pensasse a Pechino.
«Le autorità di Wuhan non avevano piacere di dire la verità, a quel tempo», ha spiegato il professore in una intervista alla Cnn. Zhong non credeva a quel numero 41: i pazienti che i dignitari di Wuhan insistevano a dichiarare; e soprattutto non credeva che l’epidemia a metà gennaio fosse ancora «prevenibile e controllabile». Si era perso troppo tempo dai primi casi rilevati a dicembre, in Giappone e in Thailandia erano stati già individuati dei viaggiatori arrivati da Wuhan con i sintomi polmonari evidenti. «Quel 18 gennaio chiesi alle autorità locali i veri numeri, ma erano riluttanti», ricorda.
Così Zhong Nanshan tornò a Pechino, fece rapporto, il 20 gennaio avvisò la Cina (e il mondo) che il coronavirus ancora senza nome di Wuhan si stava trasmettendo tra persone, si rischiava la catastrofe. Su suo consiglio il 23 gennaio Wuhan fu messa in quarantena, per 76 giorni. I capi del Partito nella città e nella provincia dello Hubei sono stati epurati a febbraio. E Zhong dice che i numeri dei contagi e dei morti comunicati da Pechino da allora sono stati trasparenti. Il vecchio epidemiologo assicura che il governo ha imparato la lezione della Sars, la prima epidemia da coronavirus scoperta nel 2002 e durata fino al 2003: «Allora, 17 anni fa, furono occultate alcune notizie, per due o tre mesi», ha detto alla Cnn. Zhong Nanshan è considerato un luminare come epidemiologo specializzato in malattie respiratorie.
Ma soprattutto è uno scienziato coraggioso nel dire la verità, anche se sgradita al potere politico. Nel 2003, dopo che la Sars aveva ucciso circa 800 cinesi e spaventato il mondo arrivando in 30 Paesi, Zhong fu chiamato per la prima volta e messo al comando delle operazioni sanitarie nella provincia del Guangdong, epicentro della crisi. Osò svelare la realtà: che quel virus era stato sottovalutato, che le autorità locali prima non avevano capito e poi avevano cercato di nascondere la gravità della situazione. Allora a Pechino compresero e alla fine la Sars fu messa sotto controllo.
Il dottor Zhong, vinta la battaglia disse alla tv cinese: «A che ci serve competere per il primato nel Pil mondiale se poi mangiare, bere e respirare rappresentano un pericolo per i cinesi?».
Sono passati 17 anni, il Pil della Cina si è triplicato e il numero dei morti di questa pandemia hanno superato i 300 mila. Nel 2003 Zhong aveva 67 anni, ora è piuttosto anziano, ma oltre ad essere lucidissimo è anche in perfetta forma fisica, hanno scritto a gennaio i giornali di Pechino, presentando le sue foto in palestra mentre solleva pesi e sul campo da basket, in sospensione sotto canestro, oltre che sul campo dell’epidemia. Zhong dice che anche questa volta ci sono stati errori a livello locale all’inizio, ma nega che ci sia stata copertura a Pechino: «Abbiamo cercato subito di collaborare con gli esperti del resto del mondo, abbiamo imparato dal 2003».
La tv americana ha chiesto al professore il suo parere sul famoso (o famigerato secondo Donald Trump e Mike Pompeo) laboratorio di ricerche virologiche di Wuhan. Zhong respinge i sospetti che il coronavirus sia sfuggito da lì: dice di aver chiesto più volte alla dottoressa Shi Zhengli, che studia i pipistrelli, se il virus sia stato creato in laboratorio e si sia diffuso per errore. «Mi ha assicurato che è assolutamente ridicolo, che non avevano la possibilità scientifica di fare un esperimento del genere».
A febbraio le autorità di Pechino hanno indagato e non hanno trovato niente nel laboratorio di Wuhan, conclude Zhong. Nell’intervista di ieri, anche ora che la Cina ha fermato l’epidemia e registra pochissimi casi al giorno, Zhong ha avvertito: «La maggioranza della popolazione cinese è ancora a rischio di contagio da Covid-19, per mancanza di immunità, non penso che ci troviamo in una posizione migliore rispetto agli altri Paesi del mondo al momento».