“Caterina Tripodi vuole distruggere Massimo Ripepi perché Dio lo vuole sindaco” “Figlia di Satana”: i fedeli contro la giornalista Massimo R...
“Caterina Tripodi vuole distruggere Massimo Ripepi perché Dio lo vuole sindaco”
“Figlia di Satana”: i fedeli contro la giornalista
Massimo Ripepi e Caterina Tripodi |
Fonte Giornalistitalia Redazione 1 Gennaio 2020 Bavagli & Censure, Brutte notizie, Calabria, Cronaca nera & giudiziaria, Fnsi, Legalità, Libertà di stampa, Quotidiani, Vita da cronisti
REGGIO CALABRIA – Si definisce “di fede cristiana” e “convinto che la potenza salvifica della Parola di Gesù Cristo è utile a salvare e guidare le persone e le istituzioni alla giustizia illuminata dalla compassione e dalla misericordia”, ma, da “capo spirituale” di una chiesa cristiana, non esita a lanciare strali contro la giornalista Caterina Tripodi parlando di “giornalismo killer ad orologeria che ha utilizzato come da copione il braccio, anzi la penna della signora Caterina Tripodi”.
Parole, quelle del “pastore”, che hanno scatenato la reazione dei suoi “fedeli”, tant’è che, tra loro, c’è chi non ha esitato a definire la giornalista “figlia di Satana”, “reclutata da Satana” e intenzionata a “distruggere Massimo Ripepi perché Dio lo vuole sindaco per cambiare una città gestita dai figli di Satana”.
Ma chi sono i protagonisti di questa storia? Massimo Ripepi, 50 anni, fisioterapista dell’Azienda Ospedaliera “Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio Calabria, è il “pastore” di un movimento cristiano del rione Catona – fondato da un altro reggino, Gilberto Perri, autoproclamatosi “apostolo”, da cui Ripepi ha ereditato il movimento – e consigliere comunale di Fratelli d’Italia.
Caterina Tripodi è, invece, giornalista professionista del Quotidiano del Sud, da sempre impegnata a raccontare le contraddizioni di una città, Reggio Calabria, storicamente tra le più antiche e blasonate città d’Europa (è stata la prima colonia greca fondata in Italia meridionale e il trattato di alleanza tra Reggio e Atene è conservato al British Museum di Londra), ma nel contempo la più sfortunata della penisola perché, troppo spesso, dimenticata dallo Stato e lasciata in balìa di una classe dirigente tutt’altro che adeguata.
«Piena solidarietà alla collega del “Quotidiano del Sud” Caterina Tripodi, ancora una volta vittima di frasi denigratorie e offensive da parte del consigliere comunale di Reggio Calabria, Massimo Ripepi», viene espressa dal Sindacato Giornalisti della Calabria e dal Gruppo Cronisti Calabria, attraverso le parole di Carlo Parisi, segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria e segretario generale aggiunto della Fnsi, Michele Albanese, presidente del Gruppo Cronisti Calabria e responsabile Fnsi per la legalità, e Lucio Musolino, rappresentante della Calabria nell’Osservatorio nazionale sulla legalità della Fnsi.
Nei giorni scorsi, infatti, l’esponente di Fratelli d’Italia ha replicato ad un articolo pubblicato dal Quotidiano del Sud che, oltre ad un’analisi politica relativa alla scelta del candidato a sindaco di Reggio, riportava (per dovere di cronaca) quelli che sono stati definiti “i nuovi guai giudiziari” di Ripepi, “già richiamato dal questore per stalking”.
In particolare, essendo Ripepi tra i papabili del suo partito ad essere candidato a sindaco, dopo aver illustrato le dinamiche politiche in vista delle comunali, la giornalista Tripodi riportava la notizia che, il prossimo 27 gennaio, il consigliere comunale dovrà comparire davanti al Tribunale per la prima udienza di un processo che lo vede imputato di diffamazione.
È bastato questo per scatenare una reazione scomposta di Massimo Ripepi che, non smentendo la notizia riportata dal giornale, si è invece lanciato in un attacco personale alla giornalista.
Riportando, in maniera inesatta, le risultanze di una vecchia indagine della Procura di Reggio, nella sua replica Ripepi ha parlato, infatti, di “giornalismo killer ad orologeria che ha utilizzato come da copione il braccio, anzi la penna della signora Caterina Tripodi, nota anche per essere stata indicata dalla Direzione distrettuale antimafia come giornalista di comodo ed ‘indottrinata’ da sodalizi masso-‘ndranghetistici allo scopo di difendere la posizione di un funzionario comunale”.
Questa frase è inaccettabile, per il Sindacato Giornalisti e l’Unci Calabria, oltre ad essere un attacco gratuito ad una collega che fa solo il suo lavoro. Se, da una parte, il consigliere Ripepi fa riferimento a documenti dell’inchiesta “Reghion”, dall’altra, dovrebbe avere la pazienza e l’accortezza di leggerli per intero. Si accorgerebbe, infatti, che la collega Tripodi viene descritta nelle intercettazioni di quell’inchiesta come una dei giornalisti “non amici” degli indagati.
Ripepi, com’è suo diritto, avrebbe potuto replicare nel merito all’articolo della Tripodi senza puntare il dito contro la giornalista del Quotidiano.
Gesto che è stato amplificato dal fatto che Ripepi è capo spirituale di una chiesa cristiana a Catona. Nelle ore successive alla sua replica, infatti, molti frequentatori della sua chiesa (che lo chiamano “papà” e che pendono dalle sue labbra) si sono scatenati sui social aggredendo, questa volta sì ferocemente, la collega Tripodi definita “figlia di Satana”, “reclutata da Satana”. E ancora: “Vuole distruggere Massimo Ripepi perché Dio lo vuole sindaco per cambiare una città gestita dai figli di Satana”.
Parole gravissime, quelle di Ripepi, che, durante le omelie davanti ai frequentatori della sua chiesa cristiana, non ha esitato a parlare di gogna mediatica, affermando di essere “preparato per questo combattimento”. Come se non bastasse, stando sempre alle parole di Ripepi, il suo essere “segretario di un partito importante” non gli consentirebbe di “fare e dire quello che voglio”.
«Quando non sarò più segretario di questo partito – minaccia – scenderò in piazza a dire l’indicibile: quando non avrò più la responsabilità di Fratelli d’Italia, questi si devono preoccupare, farò in modo che tutta questa gogna mediatica serva per innalzare Gesù Cristo».
Parole che si commentano da sole e spingono il Sindacato dei giornalisti a stare al fianco della giornalista Caterina Tripodi nella speranza che i vertici del partito Fratelli d’Italia non condividano i discorsi e il metodo del loro esponente locale. (giornalistitalia.it)