Ci sono individui di cui è essenziale prendersi cura frequentemente, nel timore che le nuove generazioni ne abbiano un'idea confusa o distorta. Tra questi, un ruolo di spicco è occupato da Don Lorenzo Milani, dalla sua Scuola di Barbiana e da un libro straordinario, "Lettera a una professoressa", che nel lontano 1967 ha costretto il sistema educativo italiano a riflettere sulle sue mancanze e ha alimentato , che piaccia o no, la ribellione contro un'istruzione classista che avrebbe presto scatenato il movimento studentesco di protesta.
Negli ultimi mesi, quando abbiamo sentito invocare il merito come fondamento di una scuola che dovrebbe favorire "i migliori", e quando il concetto di merito è stato persino aggiunto nella denominazione del nuovo Ministero dell'Istruzione, si è volutamente ignorato il fatto che l 'abbandono scolastico in Italia sia uno dei più alti in Europa. Forse a qualcuno sarà tornata in mente una delle frasi più celebri di quel prezioso libretto: "Non c'è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra disuguali".
È vero che erano tempi diversi, sono passati 56 anni da quando Don Milani ha contrapposto l'istruzione dei figli degli operai e dei contadini a quella dei figli dei padroni. Tuttavia, mai come ora, con le crescenti disuguaglianze e con una studentessa popolazionesca composta per quasi il 30% da figli di immigrati, l'insegnamento di quel grande sacerdote visionario dovrebbe guidare le nostre turbolenti giornate contemporanee.
Luigi Palamara
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