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Mommo Tripodi, una vita per il riscatto degli onesti e degli ultimi

Ad una mese dalla scomparsa di Mommo Tripodi sarà ricordato a Reggio Calabria presso la sala del Consiglio Regionale Giuditta Levato.




IN RICORDO DI MOMMO TRIPODI


Quasi un mese fa il 14 marzo 2018 è venuto a mancare Mommo Tripodi, ex sindacalista, sindaco di Polistena per molte sindacature e stimato parlamentare della Repubblica, tanto da ricoprire il delicato ruolo di Questore del Senato.

E’ una perdita grave per la nostra terra, non solo perchè è stato una bravo sindacalista, un bravo sindaco ed un bravo parlamentare, ma perchè Mommo Tripodi era una bandiera ed un simbolo, il rappresentante di un’era nella quale le grandi organizzazioni dei lavoratori, sindacali e politiche, aprivano le loro porte al rinnovamento, all’innesto di quadri nuovi che potevano essere in grado di dare una mano al movimento operaio e contadino.

Così nasce la parabola ascendente di Mommo Tripodi. Un giovane bracciante, sveglio, intelligente e carismatico. Quel movimento decise di non lasciarsi sfuggire un quadro di questo livello, di non farlo avvilire nella quotidianità: Mommo doveva studiare per poter rappresentare al meglio i suoi pari, i braccianti, ed i suoi concittadini polistenesi. Doveva “fare le scuole”, quelle ufficiali dello Stato e quelle altre, le scuole di Partito e di Sindacato, doveva imparare, doveva sapere nell’interesse della collettività che lo sosteneva e lo spingeva. D’altronde, erano tempi in cui a Taurianova il capostipite della famiglia Falleti, padre di Turi, organizzava le scuole per i braccianti ed i contadini analfabeti perchè imparassero almeno i rudimenti della lingua italiana e del far di conto. Insomma, inveravano, forse senza neanche saperlo, il partito ed il sindacato pedagoghi che spingevano verso la liberazione delle classi oppresse anche insegnando le nozioni fondamentali per poter vivere ad occhi aperti ed avere cervello aperto e pronto e lingua nelle discussioni col padrone istruito.

Quel periodo e quelle storie assomigliano in maniera impressionante alla biografia di Peppino Di Vittorio, il più grande sindacalista di sempre, che da analfabeta ufficiale seppe diventare un gigante della storia e della cultura italiana e del movimento operaio e contadino in particolare.

Naturalmente Mommo ci mise del suo, e tanto. Un vecchio (è un complimento) quadro, uno di quelli che studiava i problemi che doveva affrontare, per non parlare a vanvera, per trovare soluzioni, per non tradire la fiducia riposta in lui. Ha ripagato l’impegno dei tanti che riuscirono a farlo studiare ed essere il loro rappresentante, diventando un leader politico amato e popolare, nel senso di uomo del popolo che non ha mai dimenticato le sue radici: Polistena, i lavoratori, lo schieramento politico a tutela dei più deboli.

Certo era anche un uomo burbero, in alcuni casi. Quando riteneva che fossero minacciati gli interessi delle persone e delle comunità che avevano riposto fiducia in lui sapeva tirare fuori una grinta ed una aggressività senza pari. Ma era anche un uomo di grande simpatia personale quando, fuori dalle ufficialità, si lasciava andare alla narrazione dei suoi percorsi di lotta. In questi giorni mi ritorna in mente un pranzo assieme, a Cittanova, quando mi raccontò della trattativa per il contratto provinciale dei braccianti con una serie di retroscena che ancora oggi mi fanno scompisciare dalle risate.

Era così Mommo, un uomo del popolo, un combattente, uno che non si tirava indietro. Uno che non può che essere rimpianto e che continuerà a vivere nei nostri ricordi. Ti sia lieve la terra perchè lo hai meritato, vecchio leone.

Fonte: SUL

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