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Oreste Romeo. Reggio Calabria-Roma, due pesi due misure.

LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI?

Pochi anni fa, a Roma, nonostante le sconcertanti e drammatiche evidenze dell'inchiesta "MAFIA CAPITALE", ovverosia profonde e risalenti infiltrazioni mafiose nella gestione del cosa pubblica, il Campidoglio riuscì a scampare alla scure dello scioglimento, e ciò avvenne per volontà politica resa pubblica e manifesta a tutti dall'allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi nel salotto di Bruno Vespa.

Un pugno nello stomaco per Reggio Calabria, il cui Consiglio Comunale era stato sciolto qualche anno prima, esattamente nel 2012, nonostante l'Amministrazione Comunale fosse in carica da sei mesi, dunque un arco temporale estremamente insignificante e del tutto ostativo a dare adito ad un ragionevole sospetto di possibili infiltrazioni 'ndranghetistiche.

Affermare che siano stati adottati due pesi e due misure nelle vicende romane e reggine non è certo un azzardo, ed è risaputo che la "politica" talvolta meriti di essere assimilata al mestiere più antico del mondo.

E Roma, anche in quel caso, fu il classico miglior offerente.
Esiste, però, un ambito nel quale i due pesi e le due misure non sono tollerabili: la Giustizia!

Ancora una volta la sconcertante realtà, che notoriamente supera  di gran lunga la fantasia, pone a confronto Roma e Reggio Calabria.

Vediamo!
Dopo il primo verdetto assolutorio emesso dal Tribunale di Roma, all'inizio dell'anno Ignazio Marino, ottenuta la conferma dell'assoluzione dall'accusa di truffa, è stato condannato, in appello,  a due anni  di reclusione per peculato e falso in relazione alla vicenda delle cene consumate nei mesi in cui era primo cittadino dell'Urbe e pagate con la carta di credito del Campidoglio. 

Da pochi giorni, Giuseppe Scopelliti, grandissimo Sindaco di Reggio Calabria dal 2002 al 2010, si trova ristretto nelle patrie galere in esecuzione della sentenza con la quale è stato definitivamente condannato a 4 anni e 7 mesi per un falso riguardante il bilancio previsionale, neppure il consuntivo, dell'anno 2009.

Il reato ascritto ad Ignazio Marino implica l'impiego di denaro pubblico per fini privati ed è punito dalla legge con una pena che va da 4 a 10 anni di reclusione.
E comunque, la pena di due anni in concreto inflitta a Marino, incensurato come Scopelliti, è andata al di sotto del 50% del minimo edittale.

Al mio Amico Giuseppe Scopelliti, che del danaro pubblico non ha mai fatto un uso improprio nella sua rilevante e variegata attività di amministratore, è andata molto peggio, visto che non gli sono state neppure riconosciute le attenuanti generiche, ad onta del suo stato di incensuratezza, se non anche del suo contegno processuale.

Ora, io non ho le certezze sbandierate da Ignazio Marino, che ha definito la sua condanna alla stregua di effetto di una sentenza politica.

Del resto, non ho potuto in alcun modo frenare la somatizzazione di quanto è successo la settimana scorsa.
Credo, però, che la Giustizia, in questo Paese alla deriva, abbia più di qualche problema, nonostante (o forse perché) il Parlamento Italiano, nel corso degli anni, abbia (ha) annoverato tra i principali protagonisti le più acclamate figure della magistratura.

Ed è questo il motivo per il quale il rispetto delle sentenze non può equivalere alla condivisione delle stesse.

Oreste Romeo

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