La storia della stretta di mano

Un gesto che esiste da millenni, forse nato per la diffidenza reciproca, e che per un po' dovremo imparare a evitare Alla base d...


Un gesto che esiste da millenni, forse nato per la diffidenza reciproca, e che per un po' dovremo imparare a evitare

Alla base delle sempre più restrittive misure che diversi paesi del mondo stanno prendendo per affrontare la pandemia da coronavirus c’è la necessità di evitare contatti ravvicinati tra le persone. Da settimane si susseguono quindi diversi inviti a evitare uno dei più comuni tipi di contatto tra persone, anche tra sconosciuti: la stretta di mano. E quelli che si incontrano e si salutano comunque stanno sviluppando, in tutto il mondo, nuovi modi di salutarsi o presentarsi.
È presto per dire se, quando l’emergenza sarà passata, la stretta di mano si riprenderà il suo posto in convegni di lavoro, riti religiosi, eventi sportivi e presentazioni reciproche a una cena tra amici. Ma è certo che in questi giorni gran parte del mondo sta evitando di darsi la mano: un gesto semplice, antico e molto diffuso. Un gesto che negli anni ha sviluppato una sua coreografia e una sua simbologia, ed è diventato per molti qualcosa di automatico (come hanno mostrato bene i tentennamenti di alcune delle persone più importanti al mondo alle loro prime uscite dopo il divieto di stretta di mano). Un gesto che è diventato simbolo di fiducia e intesa, ma che si è diffuso invece per via della reciproca diffidenza tra persone.

I primi esempi di strette di mano di cui si abbia conoscenza risalgono a quasi tremila anni fa. Una delle primissime raffigurazioni di stretta di mano è infatti del Nono secolo avanti Cristo, in un altorilievo in cui, come ha spiegato il National Geographic, a darsi la mano in segno di alleanza sono un re assiro e un comandante babilonese. Si trovano poi raffigurazioni, racconti e resoconti di strette di mano anche nella Grecia antica: ne parla Omero e se ne vedono diversi esempi nell’arte funeraria. Cambiano i contesti, ma le strette di mano simboleggiano sempre una condizione di fiducia e mutualità. In certi casi serve per mostrare la natura divina di certi personaggi (al punto che possono permettersi di stringere la mano alle divinità, essendo pari a loro); in altri serve a rappresentare il congedo finale tra un defunto e i suoi parenti o, al contrario, la sua introduzione con altri parenti morti prima di lui.

La pratica della stretta di mano – che in greco antico si chiama dexiosis (“darsi la mano destra”) – è con ogni probabilità legata a un’iniziale diffidenza tra le persone. Porgere la propria mano destra (quella con cui nella maggior parte dei casi si impugnava un’arma) serviva a mostrare che non si avevano cattive intenzioni. E stringere la mano destra di qualcun altro – in certi casi stringendo addirittura l’altrui avambraccio, oltre che la mano – serviva a togliersi qualche altro scrupolo controllando che l’altro non nascondesse, magari sotto la manica, qualche piccolo pugnale. C’è addirittura chi sostiene che muovere su e giù le mani mentre le si stringe (in inglese si parla di handshake, cioé di “mani che si agitano”) servisse, in origine, a togliersi ogni altro dubbio sul fatto che, sotto quella manica, non ci fosse proprio niente.
Dall’antica Grecia la stretta di mano si diffuse in altre culture, in particolare in quella romana, continuando nella maggior parte dei casi a rappresentare connessione, rispetto e alleanza tra persone che potevano essere coniugi, politici, amici, religiosi o soldati.

La stretta di mano sopravvisse anche per tutto il Medioevo (ai tempi della peste sembra che si impedirono i baci, ma non le strette di mano) e nel Diciassettesimo secolo, quando rischiava forse di passare di moda, divenne un gesto particolarmente caro ai quaccheri, gli appartenenti al movimento religioso interno al puritanesimo che, tra le altre cose, rifiutava le gerarchie religiose e credeva in un rapporto molto diretto con Dio. I quaccheri iniziarono a usare la stretta di mano ritenendolo un gesto più semplice e egualitario rispetto al levarsi il cappello, magari accennando anche un piccolo inchino. Sta di fatto che, come sempre nel Diciassettesimo secolo, il saluto tornò in voga anche tra i non quaccheri.

Nonostante le resistenze di alcuni aristocratici europei, nel diciannovesimo secolo la stretta di mano iniziò a essere codificata da chi si occupava di buone maniere e cerimoniali e già nel 1877, in piena età vittoriana, uscì una guida che consigliava come stringere mani senza troppa foga: «Un gentiluomo che stringe troppo forte la mano che gli è offerta in saluto, o che la agita con troppa veemenza, non meriterebbe di poter stringere altre mani». Qualche anno prima, un articolo di Harper’s Weekly aveva già stabilito che rifiutare di stringere una mano doveva essere considerato una «dichiarazione di ostilità».
Si dice che Abraham Lincoln, presidente statunitense dal 1861 al 1865, fosse un grande stringitore di mani. Sempre in quegli anni, a Teano, in Campania, si erano probabilmente stretti la mano Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II.

Nel Novecento le strette di mano continuarono a conquistare terreno, perché continuavano a essere un modo molto efficace per rendere in una sola immagine l’intesa tra due persone. E grazie alla fotografia quell’immagine divenne di facilissima e velocissima rappresentazione.

Nel Novecento si sono stretti la mano, tra gli altri, Adolf Hitler e Neville Chamberlain e qualche anno dopo, in una complicata triplice stretta Harry Truman, Winston Churchill e Joseph Stalin; e poi Richard Nixon e Elvis Presley, Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov, Yitzhak Rabin e Yasser Arafat, Kim Jong-un e Moon Jae-in.

L’incrocio tra le mani di due persone è anche parte della ritualità del cristianesimo in quanto “segno della pace”. Il gesto esiste da secoli ma all’inizio era un bacio e non è ben chiaro da quando divenne una stretta di mano tra fedeli. Qualche anno fa, però, Benedetto XVI aveva scritto: «Durante il sinodo dei vescovi è stata rilevata l’opportunità di moderare questo gesto, che può assumere espressioni eccessive, suscitando qualche confusione nell’assemblea proprio prima della comunione».

Di recente le strette di mano sono anche una delle tante cose per cui si è fatto notare Donald Trump. Dopo che anni fa aveva definito il gesto una cosa «barbara», Trump l’ha spesso usato per provare a mostrarsi sicuro e in qualche modo superiore rispetto agli altri capi di stato e di governo a cui la stringeva. Si parlò molto, per esempio, della sua lunghissima e inelegante stretta di mano al presidente giapponese Shinzo Abe o di quelle – profondamente analizzate – con Emmanuel Macron o con Justin Trudeau. Anche Trump, come il suo predecessore Truman, si era poi trovato in mezzo a una difficilmente gestibile stretta di mano multipla.

L’aneddotica delle strette di mano contiene anche il caso del politico australiano Mark Latham che, secondo certe analisi, nel 2004 vide compromesse le sue possibilità di diventare primo ministro al posto di John Howard dopo avergli stretto in modo eccessivamente vigoroso ed enfatico la mano.

Un po’ di anni prima il New York Times aveva raccontato certe preoccupazioni riguardo al futuro.
Il Post

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