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Era il 10 giugno del 1924 quando il Segretario del Partito Socialista Unitario, Giacomo Matteotti, veniva rapito e poi assassinato dalla banda fascista della Ceka, guidata da amerigo Dumini.


Di Cathy La Torre

Colpevole, Matteotti, di aver denunciato apertamente i brogli elettorali del 6 aprile e chiesto l’annullamento delle elezioni tenute in un clima di violenza. 

Primo martire del fascismo, Matteotti sapeva benissimo che la sua proposta sarebbe stata respinta. 

Sapeva che quel discorso a Montecitorio avrebbe decretato la sua fine politica, e non solo. 

Ma lo fece comunque, tra le urla dei deputati fascisti che cercavano di zittirlo. 

Parlò apertamente. Fece nomi e cognomi. Primo tra tutti quello di Benito Mussolini. 

Voleva incitare i socialisti ad un’opposizione contro il fascismo ferma e intransigente. 

Ora o mai più, bisognava ribellarsi a quel clima di illegalità e soprusi. 

Due settimane più tardi, mentre si dirigeva a piedi alla Camera, solo, senza scorta, venne caricato a forza su una macchina e finito a coltellate. Il corpo ritrovato solo il 16 agosto nella campagna romana. 

Sembra un romanzo di Lucarelli, invece è storia. 

Un anno più tardi, Mussolini, ormai inebriato dalla volontà di potenza, saldo nella sua roccaforte, con una spavalderia senza precedenti, in un discorso alla Camera dichiara di assumersi la “responsabilità politica, morale e storica” dell’omicidio Matteotti. 

E’ la spallata dell’uomo forte che non ha paura.

Quel discorso agghiacciante, infarcito di riferimenti all’amore per la patria, decreta l’inizio del fascismo come regime autoritario.

Lui sa cosa vuole il Paese.  

“L’Italia, o signori, vuole la pace, vuole la tranquillità, vuole la calma laboriosa; gliela daremo con l’amore, se è possibile, o con la forza se sarà necessario”

16 anni più tardi, il 10 giugno del 1940, Mussolini trascinava l’Italia nell’orrore della seconda guerra Mondiale. 

Matteotti, uomo di cultura, riformista, nemico della demagogia, è il monito costante che ci ricorda di diffidare dall’uomo forte che parla a furor di popolo, da chi offre soluzioni facili, ad ogni costo. 

Perché la democrazia è complessità e in questo sta la sua bellezza. Guai a voler imbavagliarla. 

Imparate a diffidare e sarete liberi.

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