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Speleologa ferita bloccata a 150 metri di profondità: seconda notte nell’Abisso Bueno Fonteno

IL SALVATAGGIO. L’infortunio a un chilometro dall’ingresso della grotta fra il Sebino e la Val Cavallina. Le squadre si danno il cambio da domenica pomeriggio.

I soccorritori nell’Abisso Bueno Fonteno sul Lago d’Iseo impegnati nel recupero della speleologa Ottavia Piana

I soccorritori nell’Abisso Bueno Fonteno sul Lago d’Iseo impegnati nel recupero della speleologa Ottavia Piana

Era scesa nelle grotte dell’Abisso Bueno Fonteno per nuove esplorazioni, ma si è fatta male a una gamba: una speleologa bresciana, Ottavia Piana, 30 anni di Adro, non è più riuscita a muoversi e per lei si è messa in moto un’imponente macchina dei soccorsi. Non è in pericolo di vita, ma tirarla fuori sta richiedendo più tempo di quanto inizialmente ipotizzato: le operazioni di recupero potrebbero richiedere ancora alcune ore. Per la giovane speleologa un’altra notte - la seconda - è passata nella grotta sul lago d’Iseo.

Ottavia Piana era partita da casa domenica mattina (2 luglio): socia del gruppo Speleo Cai di Lovere, è istruttrice di esplorazioni in grotta sotto terra, ed è entrata nell’Abisso Bueno Fonteno altre numerose volte, come testimoniano i suoi reportage presenti sul sito dell’associazione Progetto Sebino (che dal 2005 porta avanti le ricerche nel sistema carsico che si estende fra il lago di Iseo e la Val Cavallina e che con i suoi 20 chilometri di gallerie già tracciate è oggi uno dei più estesi d’Italia). Si era data appuntamento con altri 4 speleologi e aveva raggiunto l’ingresso della grotta, in una delle valli dei colli di Fonteno: da qui ci si infila in uno stretto cunicolo prima di ritrovarsi in un continuo alternarsi di maestose grotte, pareti a strapiombo, fiumi e piscine sotterranee: questo mondo è la grande passione di Ottavia.

Le operazioni di recupero della speleologa ferita

Il blocco di roccia staccato

Domenica pomeriggio però, mentre era impegnata a risalire una parete, il blocco di roccia a cui era agganciata si è staccato di colpo e le è caduto su un ginocchio, causandole un grosso ematoma molto doloroso. «Il punto in cui è avvenuto l’incidente – ricostruisce Claudio Forcella, presidente di Progetto Sebino – si chiama Spalmer: si trova a circa 150 metri di profondità, a poco più di un chilometro dall’ingresso». Il dolore le impediva di muoversi e di risalire così due amici sono rimasti con lei mentre gli altri due hanno raggiunto l’uscita per dare l’allarme. Domenica nel tardo pomeriggio è quindi scattato l’intervento della delegazione speleologica del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico Lombardia, il che ha sede a Stezzano e che è coordinato da Corrado Camerini di Brescia, medico e speleologo: da quasi due giorni squadre di sei/otto volontari provenienti anche dal Veneto, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Piemonte, si danno il cambio per riportare in superficie la trentenne bresciana. «Non è in pericolo di vita, assolutamente – garantisce Forcella –, ma le operazioni di recupero sono molto lunghe e difficoltose: l’ambiente di per sè è ostile, ci si muove spesso in cunicoli larghi meno di mezzo metro: stavolta bisogna anche far passare

L'eco di Bergamo 



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