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Bellegra, dove il silenzio parla: sulle orme di San Francesco tra castagni e miracoli nascosti


C’è un luogo, a pochi passi dalla frenesia della capitale, dove il tempo sembra essersi piegato al volere della quiete. Un angolo di mondo sospeso tra cielo e terra, immerso nel verde profondo dei castagni e dei faggi della campagna simbruina: è Bellegra, “la città dei panorami”, ma soprattutto terra di spirito e memoria.

Fu qui, in questo scrigno di natura e silenzio, che San Francesco d’Assisi fece sosta nel 1223, durante il suo cammino verso l’Abbazia di Subiaco. Nulla, si dice, è mai per caso. E in quel fermarsi del Santo, quasi attratto da una forza sottile e misteriosa, si percepisce l’inizio di qualcosa che avrebbe attraversato i secoli.

A raccontarlo sono le cronache antiche: il benedettino Mirzio e lo storico francescano Wadding, testimoni indiretti di un passaggio che lasciò traccia non solo nel cuore della valle, ma anche sulle sue pietre. Ancora oggi, al Sacro Speco, si conserva un affresco che ritrae il Poverello di Assisi, lì dove egli visse per un tempo con i suoi frati, irradiando parole semplici e potenti, e gesti d’amore.

Quella casa divenne molto più di un rifugio: fu fiamma viva di ritiro e di evangelizzazione. Dai boschi di Bellegra partivano i Frati, in silenziosa processione, per la questua nelle terre vicine. E tornavano portando volti, storie, conversioni.

Nel XVIII secolo, un’altra luce si accese tra quelle mura. Tommaso da Cori, uomo di preghiera e rigore, ne divenne il superiore. Fondò il Sacro Ritiro e decise di non cedere alle lusinghe della grandezza. Voleva una struttura piccola, povera, essenziale. La rese però accogliente, con dormitori sobri, capaci di ospitare fino a venti religiosi. Morì l’11 gennaio 1729 e oggi il suo corpo riposa lì, nella cappella alla destra dell’unica navata. Santificato il 21 novembre 1999, continua a vegliare quel luogo che lui stesso rese sacro col vivere.

Ma a Bellegra, i segni non finiscono mai. Lungo la strada che porta al convento, sorge una piccola edicola, costruita nel 1719 per volontà di Orazio Pompili. La pietra di tufo su cui poggia racconta una leggenda antica: qui si sarebbe fermato San Francesco, posando la testa incappucciata contro la roccia. E proprio lì, come impronta lasciata dal cielo, sarebbe rimasta la sagoma del suo cappuccio.

Si narra ancora, nelle veglie dei vecchi, che molti dei castagni che oggi adornano il bosco siano stati piantati proprio da lui, dal Santo che parlava agli uccelli e ammansiva i lupi.

A Bellegra, lo avverti: qualcosa resta. Un respiro, un sussurro, un invito alla quiete. È il silenzio che parla. È la fede che non chiede rumore. È la presenza che non ha bisogno di prove.

Qui, sulle orme di Francesco, anche i passi si fanno preghiera.

Luigi Palamara 

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