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Accoltellato un uomo a Reggio Calabria La paura e il racconto: quando la cronaca diventa giudizio

Accoltellato un uomo a Reggio Calabria 

La paura e il racconto: quando la cronaca diventa giudizio
Editoriale di Luigi Palamara:

C’è una linea sottile, eppure decisiva, che separa la cronaca dall’opinione. E ancora più sottile è la linea che distingue l’informazione dalla suggestione, quella che trasforma un fatto isolato in una sentenza collettiva. L’aggressione avvenuta sul lungomare Falcomatà di Reggio Calabria, dove un uomo è stato accoltellato mentre passeggiava con il suo cane, ha scosso la città e giustamente sollevato interrogativi sul tema della sicurezza urbana. Ma vi è un altro aspetto, più profondo e meno evidente, che merita riflessione: il modo in cui si sceglie di raccontare simili episodi.

Quando, nelle prime ricostruzioni, si sottolinea che gli aggressori sono “presumibilmente stranieri” – senza certezze, senza prove, ma con una formula che è già etichetta – non si fa solo cronaca. Si plasma un’immagine, si orienta l’opinione pubblica, si genera un riflesso condizionato. È una scorciatoia narrativa che produce una verità emotiva, non una verità giudiziaria. Si insinua che esista una matrice etnica o culturale della violenza, quando la violenza, invece, è un fenomeno complesso, trasversale, che attraversa tutte le latitudini dell’animo umano.

La stampa, che ha il compito sacro di informare, dovrebbe evitare di cedere alla tentazione del sensazionalismo identitario. Perché ogni volta che si lega un crimine a un’origine presunta, si rinuncia alla responsabilità più alta del giornalismo: comprendere per far comprendere, non stigmatizzare per far paura.

La sicurezza, certo, è un diritto. Ma è anche un dovere collettivo, che si costruisce con la presenza delle istituzioni, con il controllo del territorio, con l’inclusione sociale. Alimentare paure identitarie, invece, contribuisce ad erigere muri, a scavare fossati, a rendere ancora più difficile quel dialogo che è l’unico vero antidoto al degrado.

Raccontare i fatti senza indugiare in etichette sommarie è un atto di civiltà. Non per buonismo, ma per lucidità. Perché una società giusta è quella che non si fa accecare dalla rabbia, ma che cerca nella ragione la strada per uscire dalla paura.

Reggio Calabria 13 maggio 2025

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