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Il tempo dei chiarimenti comodi. Editoriale di indignazione civile e lucidità storica di Luigi Palamara

Il tempo dei chiarimenti comodi

Editoriale di indignazione civile e lucidità storica di Luigi Palamara


C’è un momento nella vita pubblica in cui non basta più rettificare: bisogna rendere conto. Perché non è la cronaca a dover piegarsi all’opinione, ma l’opinione alla verità dei fatti. Il dott. Eduardo Lamberti Castronuovo ha scelto dove rettificare. E non è un dettaglio: ha scelto di farlo in una sede che definire “amica” è un eufemismo, proprio là dove non vi era stata né accusa né approfondimento, solo una comoda finestra per diluire l’imbarazzo in chiarimenti all’acqua di rose.

Questa non è comunicazione: è strategia. E non fa onore al giornalismo, tanto meno alla verità.

Lamberti ha pronunciato parole che non possono essere ridotte a un malinteso: “C’è chi dice che il fascismo è stato bello, chi dice brutto, io non c’ero e non posso giudicare”. E poi: “Va ricordato, non rispettato, ma ricordato”. Un paradosso solo apparente, che rivela una tragica ambiguità: quella di chi maneggia la storia come fosse un’opinione, non un patrimonio di dolore e responsabilità collettiva.

Non serve esserci stati, dottor Lamberti. La storia – quella vera – la raccontano i libri, le leggi razziali, le guerre d’aggressione, i roghi di libertà, la fame, le torture, la soppressione del dissenso, i corpi dimenticati nelle fosse. Se lei davvero legge la storia, dovrebbe sapere che il fascismo non è un colore politico ma una negazione della dignità umana. Non si giudica come un’arredamento urbano o un simbolo d’epoca.

Il fascismo non è un'opinione: è un crimine storico.

Sorprende, ma non troppo, che a sollevare il dubbio sia chi oggi si dichiara “democratico da sempre”, mentre nello stesso respiro rivendica la libertà di parole volutamente ambigue. Il problema non è dire “non ero lì”, ma il sottotesto: quel relativismo morale per cui tutto diventa interpretabile, sfocato, negoziabile. E in politica – come nella vita – il relativismo, quando applicato alla storia, è la prima forma di disonestà.

E infine la rettifica: tardiva, comoda, indolore. Un tentativo di svincolo che, però, non cancella ciò che resta: una frase che ha seminato equivoci, ambiguità, inquietudine. Non basta dissociarsi dopo, quando ormai il terreno è stato preparato per la confusione. La semina di ambiguità è una responsabilità precisa, e chi ha voce pubblica ha anche il dovere della precisione morale.

Ma la coscienza pubblica, per fortuna, ha più memoria delle scuse ben confezionate.

Luigi Palamara

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@luigi.palamara

♬ suono originale - Luigi Palamara

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