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Se c’è un giudice a Berlino, che parli ora: l’orgoglio ferito e la fede nella Giustizia

Se c’è un giudice a Berlino, che parli ora: l’orgoglio ferito e la fede nella Giustizia
Editoriale: di Luigi Palamara

Accade, talvolta, che la verità faccia un giro lungo, tortuoso, accidentato. Ma arriva. Come il viandante che, smarrita la via ma non la volontà, infine giunge alla soglia che gli era destinata.

Il 5 giugno 2025, la Procura di Catanzaro ha accolto la mia querela per estorsione. Una decisione che non è soltanto un atto giudiziario, ma un segnale, un sussurro — forse un grido — che dice: sì, c’è ancora un giudice a Berlino.

Da tempo vado ripetendo ciò che è il mio mantra, e oggi più che mai lo rinnovo: Credo talmente nella Giustizia che sono disposto a subire anche delle Ingiustizie. Questa non è una frase fatta, né una posa da uomo pubblico in cerca di redenzione o rivincita. È la fede incrollabile di chi conosce i meccanismi della giustizia dall’interno, le sue ombre e le sue luci, le sue debolezze umane e la sua grandezza morale.

Nella mia vita, nella mia esperienza, mai ho dubitato che, oltre l’agone mediatico, le campagne di demolizione, il silenzio o la distorsione, la Giustizia potesse — e dovesse — tornare a parlare con la sua voce, non con quella del pregiudizio.

Oggi quella voce si è fatta sentire. Non è un punto d’arrivo, ma un passo. Forse piccolo, ma vero. E io lo accolgo non con rancore, ma con dignità. Perché l’idea stessa di giustizia, quella che sopravvive a tutto, anche agli uomini, è più grande di chiunque di noi. Anche di me.

Ecco, se un giudice a Berlino esiste, oggi ha aperto la finestra. Ora tocca al vento entrare.

Luigi Palamara

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