Il Sudario e il Silenzio – Cronaca di una memoria divisa
Editoriale di Luigi Palamara
Cinquantamila sudari. Non sono solo pezzi di stoffa stesi a terra nelle piazze italiane, da Reggio Calabria a Milano, ma sono simboli. Di lutto, certo. Di protesta, inevitabile. Ma soprattutto di una disperazione che molti preferiscono ignorare. Quella dei civili palestinesi — donne, anziani, bambini — che in questi mesi hanno perso tutto: casa, famiglia, futuro. In una guerra che non dà tregua, dove la sproporzione tra forza militare e fragilità umana è diventata intollerabile.
Eppure, anche il lutto oggi viene discusso. Viene messo sotto accusa. "È un incitamento all’odio antiebraico", tuonano alcuni esponenti della Comunità ebraica. "Puzza di Hamas", si legge. Ma da quando piangere i morti è diventato un gesto politico, addirittura una provocazione? Da quando il dolore dei bambini senza nome deve essere filtrato con la lente di chi li ha uccisi per stabilire se siano degni o no di essere ricordati?
È giusto ricordare — e sempre lo sarà — le atrocità del passato. L'Olocausto, l'antisemitismo, la persecuzione subita dagli ebrei europei, anche da parte dell’Italia fascista. Nessuna coscienza democratica può cancellarlo, né relativizzarlo. Ma proprio questa memoria, oggi più che mai, deve servirci da bussola. Non per zittire le voci critiche, ma per impedire che il dolore venga gerarchizzato: alcuni da piangere, altri da dimenticare.
Chi difende ogni gesto dello Stato di Israele in nome della Shoah commette un errore storico e morale. Israele non è la Shoah. Il suo attuale governo — guidato da un leader come Benjamin Netanyahu, isolato in patria e all’estero, contestato persino nelle piazze israeliane — non rappresenta l’intero popolo ebraico, né può usare la tragedia del Novecento come scudo eterno contro ogni critica.
Allo stesso modo, non ogni denuncia dei crimini a Gaza è antisemitismo mascherato. È un’accusa grave, spesso strumentale. Non si può mettere sullo stesso piano un’iniziativa simbolica come quella dei sudari con le manifestazioni d’odio vere, quelle che inneggiano allo sterminio o negano l’Olocausto. Confondere tutto è un modo per impedire ogni confronto, per rendere impensabile qualsiasi critica. È un modo, forse, per legittimare il silenzio.
Ma il silenzio oggi non è più un’opzione. Troppi bambini stanno morendo. Troppi ospedali sono ridotti a macerie. Troppi pianti arrivano da un popolo ormai stremato, che paga il prezzo di un conflitto cinico, usato da Hamas come da Netanyahu per rafforzare il proprio potere. E che gli europei — e gli italiani — guardano con un misto di colpevole neutralità e ipocrisia.
I sudari sono un grido. Forse imperfetto. Forse parziale. Ma è un grido umano. E chi lo attacca dovrebbe chiedersi: davvero la nostra democrazia ha paura del dolore altrui? O è solo paura di guardare dove fa più male?
Reggio Calabria 30 maggio 2025
Luigi Palamara
0 Commenti