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Il Tramonto della Lega Nord: quando il Sud non perdona

Il Tramonto della Lega Nord: quando il Sud non perdona

EDITORIALE di Luigi Palamara


Ci sono stagioni nella politica italiana che si chiudono senza clamore, come porte che cigolano appena. Altre, invece, esplodono con il fragore dei grandi crolli. Quella della Lega potrebbe essere tra queste. Giorgia Meloni — con un semplice gesto politico, una scelta netta, perfino brutale — potrebbe non solo isolare Matteo Salvini, ma far scomparire l’intero carroccio dalla scena nazionale.

E non sarebbe una perdita per molti, anzi. A Sud, dove la memoria è lunga e il cuore ancora più profondo, la Lega non ha mai attecchito davvero. È tollerata, talvolta usata, più spesso disprezzata. Tranne da quei pochi — rinnegati o venduti, secondo alcuni — che si sono piegati all’opportunismo politico, dimenticando gli insulti del passato e barattando la dignità per un seggio.

La verità, nuda e semplice, è che oggi la Lega rappresenta un ostacolo più che una risorsa per il Governo. Un peso morto, una continua fonte di imbarazzi e baggianate, guidata da un leader che sembra aver perso la bussola da tempo. Salvini non ne azzecca una da anni, e il Paese intero lo sa. Il Nord lo sopporta appena, il Sud lo rifiuta.

Meglio allora il voto anticipato — chiaro, diretto, coraggioso — che continuare a trascinare questa farsa. Sarebbe una mossa da scacco matto, certo. O, come diranno i più cauti, una follia. Ma la politica non è l’arte della prudenza: è il campo delle grandi visioni, dei colpi di reni, delle decisioni che spostano i destini.

Meloni lo sa. E forse lo sta già facendo.

Perché, come ci ha insegnato la storia, i partiti passano. Ma i popoli ricordano. E il Sud non perdona.

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