Scilla (Reggio Calabria) 21 maggio 2025. Il confronto pubblico tra i tre candidati alla carica di sindaco di Scilla, andato in scena il 20 maggio, ha messo a nudo non solo le proposte, ma anche la postura e la visione (o l’assenza di essa) di chi si candida a guidare una delle perle più fragili e promettenti della costa tirrenica calabrese.
Da una parte, due uomini che hanno segnato gli ultimi quarant’anni della politica scillese: Rocco Bueti e Gaetano Ciccone, entrambi già sindaci. Dall’altra, una figura nuova, tecnica, manageriale, come quella di Carmen Santagati, portatrice di un linguaggio forse insolito per il dibattito locale, ma profondamente ancorato alla modernità e ai processi in atto nel mondo reale.
Durante il confronto, non è passato inosservato il tono comune da alleati, talvolta canzonatorio, riservato dai due ex sindaci alla candidata Santagati, colpevole – a loro dire – di sognare troppo in grande. Eppure, non si trattava di sogni, ma di temi oggi centrali in tutte le agende strategiche delle città europee e italiane: digitalizzazione, smart city, cybersecurity, efficienza energetica, intelligenza artificiale applicata ai servizi pubblici. Temi che non solo dovrebbero essere ascoltati, ma rappresentano la base su cui ogni amministrazione comunale seria dovrebbe costruire il proprio piano di sviluppo.
La verità è che questo confronto ha evidenziato un dato incontrovertibile: c’è chi guarda indietro e chi guarda avanti. Ciccone e Bueti hanno provato a mettere in campo l’esperienza. Ma l’esperienza senza aggiornamento, in un mondo che cambia alla velocità dell’intelligenza artificiale, rischia di diventare un freno. E Scilla non può più permettersi frenate. La fotografia che la città restituisce oggi, dopo decenni di amministrazioni guidate (direttamente o indirettamente) da queste figure, è quella di un borgo immobilizzato, privo di una vera visione strategica, incapace di attrarre investimenti, giovani, turismo evoluto.
Carmen Santagati, al contrario, ha portato una proposta articolata, concreta, moderna. È vero: ha parlato di processi digitali, di un nuovo modello di turismo, di governance efficiente, di meritocrazia, di attrazione di talenti, di piattaforme di gestione dei servizi. Ma lo ha fatto con la consapevolezza di chi vive e lavora ogni giorno all’interno di questi mondi, di chi li governa e li produce, e non di chi li osserva da lontano con diffidenza o ironia.
E allora forse il problema non è ciò che Santagati ha detto, ma il fatto che nessuno degli altri due candidati si sia mostrato realmente in grado di comprenderlo o approfondirlo. E questo dovrebbe preoccupare, molto più delle proposte ambiziose di una donna che ha scelto di rientrare a Scilla non per nostalgia, ma per costruire.
A pochi giorni dal voto, la città ha un’occasione rara: scegliere non tra buone intenzioni, ma tra una classe dirigente del passato e una leadership che parla il linguaggio del futuro. Con tutte le responsabilità – e le opportunità – che questo comporta.
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