BOATOS
Politici ed imprenditori calabresi sotto Inchiesta?
Il boato del silenzio: la Calabria, i sussurri del potere e la verità che non bussa
di Luigi Palamara
In Calabria, quando il silenzio si fa troppo fitto, è lì che bisogna ascoltare con più attenzione. E non perché vi sia una sinfonia, ma perché spesso l’assenza di suono è la sola musica che il potere suona quando ha paura. Da giorni si rincorrono voci, bisbigli, sussurri di un nuovo “terremoto giudiziario”. Nessuno sa con certezza cosa stia accadendo, ma tutti sembrano sapere che qualcosa accadrà. È l’Italia dei “boatos”: un paese dove il futuro si scrive nei corridoi più che nei tribunali, e la politica vive più di timori che di programmi.
Siamo forse davanti a un’altra stagione di veleni? O è solo un déjà vu collettivo, un riflesso condizionato di un sistema che conosce troppo bene se stesso?
Il potere in Calabria non cade. Sgretola.
“Il potere è un’illusione condivisa: regge finché tutti ci credono”. In Calabria, questa illusione si è spesso fatta pietra, cemento, carriera. E adesso trema sotto il peso delle stesse paure che l’hanno resa solida. Politici di lungo corso e imprenditori dalle mani in pasta cominciano a guardarsi alle spalle. Non perché siano già indagati, ma perché vivono in un ecosistema in cui l’indagine è solo la coda della cometa, non la cometa stessa. Il sospetto è il vero motore. Ed è più potente della condanna.
“Se qualcuno lancia un sasso e i politici si scansano, vorrà pur dire qualcosa”. Il problema è che oggi i sassi non si vedono più. Si sente solo l’eco del tonfo.
Ma c’è davvero un’inchiesta?
Forse sì. O forse no. Forse l’unica cosa concreta è la paura che ci sia. Un timore che, in Calabria, basta e avanza per paralizzare una giunta, congelare un assessorato, rimescolare equilibri antichi come le querce della Sila. Perché in una terra dove il potere è spesso personale, clientelare, e poco istituzionale, basta una voce per mandare tutto all’aria. E le “voci”, si sa, le fabbrica chi ha il fiato giusto.
La giustizia, quella vera, lavora in silenzio. I dossier non parlano, non si candidano e non vanno in conferenza stampa. Ma la politica – quella, sì – suda, barcolla, si lecca le dita per capire da dove soffia il vento.
E ora cosa può succedere?
Teoricamente, tutto e niente. Potremmo trovarci, domani, con avvisi di garanzia firmati e volti noti sulle prime pagine. Oppure nulla accadrà, se non l’ennesima prova di come il sospetto, in Italia, sia moneta corrente più del fatto. Le carte vere, se ci sono, usciranno quando la regia della magistratura deciderà che è il momento. E non un secondo prima.
Nel frattempo, però, si ride di meno nei bar del potere. Si parla più a bassa voce. Le telefonate si fanno più brevi. Come in quelle giornate afose prima del temporale, quando si sente che qualcosa sta arrivando, ma non si sa se sarà acqua o grandine.
Il dovere dell’informazione
Noi, che non siamo né giudici né profeti, ma cronisti di un presente nebuloso, abbiamo un solo dovere: ascoltare, registrare, raccontare. Anche il nulla, se necessario. Perché in Calabria, spesso, il nulla è solo la maschera che indossa il troppo.
E allora che si aprano le finestre. Se non per fare luce, almeno per fare corrente.
Reggio Calabria 9 giugno 2025
Luigi Palamara
La riflessione nasce da un input del giornale online LaCnews24
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