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Cristiano Ronaldo. L'ultima lacrima del guerriero eterno

L'ultima lacrima del guerriero eterno

Editoriale di Luigi Palamara 
Ci sono uomini che il tempo non riesce a logorare. Che neppure il trionfo riesce a saziare. Che, pur avendo conquistato tutto, non smettono di correre come se nulla avessero ancora ottenuto. Cristiano Ronaldo è uno di questi. Anzi, è il paradigma di questi.

Nonostante sia ormai una leggenda vivente. Nonostante abbia vinto 37 trofei, battuto record immaginabili e inimmaginabili, segnato quasi mille gol, trafitto 200 squadre diverse. Nonostante abbia illuminato Mondiali ed Europei come nessun altro, e riscritto da solo la storia di un club come il Real Madrid. Nonostante tutto ciò, ieri sera è scoppiato in lacrime.

È accaduto al termine della finale vinta con il suo Portogallo contro la Spagna. Non era la prima, forse non sarà l’ultima, ma lui ha pianto. Ha pianto come un ragazzino alla sua prima coppa, come un bambino che ancora crede che il pallone sia magia. E forse è proprio questo il segreto. Il suo segreto.

Cristiano Ronaldo non gioca per dimostrare. Gioca per vivere. Per sentirsi vivo. Per amare, ancora e sempre, quel gioco semplice che ha trasformato con rigore in arte. Non è mai bastato a se stesso, non ha mai lasciato che la gloria si sedimentasse. Ha sempre cercato un altro gol, un’altra vetta, un altro applauso. Non per vanità, ma per fame.

A quarant’anni suonati, ha ancora negli occhi il fuoco dei vent’anni. Non è il talento ciò che lo distingue — ce ne furono altri, forse più puri — ma la sua irripetibile, spietata, meravigliosa dedizione.

Difficilmente rivedremo un professionista così. Forse mai più. Perché il suo è un amore che oggi sembra antico, quasi anacronistico. Un amore che si traduce in lacrime, sudore e record. Un amore che non conosce fine.

Grazie, Cristiano. Non per i gol, ma per la lezione.
Hai dimostrato che si può vincere tutto senza perdere l’anima.

Luigi Palamara

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