Il Bacio di Giuda in camicia verde
Editoriale di Luigi Palamara
Il bacio, nella storia dell’uomo, ha sempre segnato la fine di un’illusione o l’inizio di una tragedia. È stato suggello d’amore e di tradimento. È stato speranza e condanna. Ma mai, come il 29 maggio 2025 a Reggio Calabria, un bacio ha avuto il sapore così acido dell’impotenza politica.
Matteo Salvini, ministro e vicepremier, manda un bacio, plateale, ironico, forse provocatorio, a una piccola folla di contestatori. Non c’è pathos, non c’è rabbia. C’è solo stanchezza. Il Ponte sullo Stretto, ennesimo miraggio ciclico della politica italiana, non infiamma più nessuno. La gente non ci crede, non protesta, non spera. Chi contesta lo fa per dovere, non per passione.
Una manifestazione pacifica e quasi invisibile. Un’Italia che non si indigna nemmeno più, perché ha imparato a convivere con la farsa. Le promesse, d’altronde, sono sempre le stesse: altisonanti, vuote, ripetute a memoria come una preghiera di cui non si conosce più il senso. Promettere e non mantenere. Progettare e non costruire. È la forma più compiuta della disillusione.
E così, il leader leghista lancia un bacio. Un gesto che, nel teatro della politica, è il segno di chi ha capito che ormai conta più la scena della sostanza. Non è amore, non è gratitudine. È un "grazie" che suona come scherno. È come se dicesse: grazie per esistere, mi permettete di continuare a fingere di combattervi.
Un popolo che non conta nulla riceve baci e abbracci come cartoline mai spedite, mai lette. Segni di un rapporto interrotto, congelato, forse mai nato davvero.
Il bacio di Salvini, come quello di Giuda, non è solo tradimento: è rassegnazione. Tradisce un popolo che non si aspetta più nulla, e proprio per questo non si ribella. La politica non guarda in faccia nessuno, ma bacia tutti.
Così muore la democrazia: non sotto i colpi della repressione, ma nella tiepida indifferenza di chi non crede più nemmeno al proprio diritto di essere tradito con stile.
E allora, quel bacio resta lì, sospeso nell’aria come un gesto teatrale fuori tempo massimo. Una firma malinconica sulla cartolina sbiadita della Seconda Repubblica.
Luigi Palamara
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@luigi.palamara Il Bacio di Giuda in camicia verde Editoriale di Luigi Palamara Il bacio, nella storia dell’uomo, ha sempre segnato la fine di un’illusione o l’inizio di una tragedia. È stato suggello d’amore e di tradimento. È stato speranza e condanna. Ma mai, come il 29 maggio 2025 a Reggio Calabria, un bacio ha avuto il sapore così acido dell’impotenza politica. Matteo Salvini, ministro e vicepremier, manda un bacio, plateale, ironico, forse provocatorio, a una piccola folla di contestatori. Non c’è pathos, non c’è rabbia. C’è solo stanchezza. Il Ponte sullo Stretto, ennesimo miraggio ciclico della politica italiana, non infiamma più nessuno. La gente non ci crede, non protesta, non spera. Chi contesta lo fa per dovere, non per passione. Una manifestazione pacifica e quasi invisibile. Un’Italia che non si indigna nemmeno più, perché ha imparato a convivere con la farsa. Le promesse, d’altronde, sono sempre le stesse: altisonanti, vuote, ripetute a memoria come una preghiera di cui non si conosce più il senso. Promettere e non mantenere. Progettare e non costruire. È la forma più compiuta della disillusione. E così, il leader leghista lancia un bacio. Un gesto che, nel teatro della politica, è il segno di chi ha capito che ormai conta più la scena della sostanza. Non è amore, non è gratitudine. È un "grazie" che suona come scherno. È come se dicesse: grazie per esistere, mi permettete di continuare a fingere di combattervi. Un popolo che non conta nulla riceve baci e abbracci come cartoline mai spedite, mai lette. Segni di un rapporto interrotto, congelato, forse mai nato davvero. Il bacio di Salvini, come quello di Giuda, non è solo tradimento: è rassegnazione. Tradisce un popolo che non si aspetta più nulla, e proprio per questo non si ribella. La politica non guarda in faccia nessuno, ma bacia tutti. Così muore la democrazia: non sotto i colpi della repressione, ma nella tiepida indifferenza di chi non crede più nemmeno al proprio diritto di essere tradito con stile. E allora, quel bacio resta lì, sospeso nell’aria come un gesto teatrale fuori tempo massimo. Una firma malinconica sulla cartolina sbiadita della Seconda Repubblica. Luigi Palamara #ilbacio #matteosalvini #reggiocalabria #PonteSulloStretto #lega #luigipalamara #palamaraluigi #luispal #luipal #lupa ♬ suono originale - Luigi Palamara
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