Diventare verità, non visibilità: la sfida che affrontiamo da trent’anni
di Luigi Palamara
Oggi si parla di rivoluzione, di intelligenze artificiali che selezionano cosa valga la pena leggere, ascoltare, conoscere. Si dice che la SEO sia cambiata, che non basta più rincorrere click e keyword: bisogna diventare fonte. Bisogna essere veri, credibili, profondi.
Ma questa non è una scoperta. È un punto di arrivo.
Chi, come noi, ha iniziato trent’anni fa a lavorare sull’informazione indipendente — prima con Melitoonline, oggi con l’Arciere — conosce bene questa strada. È il sentiero dell’informazione che si prende il tempo di capire prima di raccontare. Dei contenuti lunghi, nati non per l’algoritmo ma per il lettore. Delle parole che non si rincorrono per essere trovate, ma che esistono per essere ricordate.
Mentre oggi l’AI decide chi è "degno" di essere ascoltato, noi abbiamo scelto fin dall'inizio di non inseguire la visibilità, ma di coltivare la verità. Un'informazione che non si piega alla moda del momento, ma che si radica nella credibilità, nella profondità, nell’identità.
Da decenni anticipiamo ciò che oggi viene vissuto come crisi: la dispersione delle fonti, la fragilità della reputazione, la deriva del contenuto superficiale. Abbiamo fatto della coerenza e dell’autenticità il nostro linguaggio. Abbiamo creduto che essere “evocati” – come oggi accade nei processi generativi delle AI – significhi prima di tutto essere riconoscibili nella propria integrità.
Il mondo digitale è cambiato, certo. Ma i nostri principi no.
E allora, oggi più che mai, la sfida continua: costruire informazione che non tema l’oblio, perché sa già di essere necessaria.
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