Boatos in Calabria: maxi inchiesta o spauracchio mediatico?
Noi facciamo un passo indietro.
Editoriale di Luigi Palamara
In Calabria, da giorni rimbalzano “boatos” su una maxi inchiesta che coinvolgerebbe politici e imprenditori. Ma è legittimo chiedersi: si tratta davvero di un’indagine solida o solo di un tentativo di spaventare e paralizzare la scena pubblica? E soprattutto, la stampa locale – quella che dovrebbe essere il cane da guardia della democrazia – è davvero libera di raccontare la verità senza veli?
La domanda brucia perché dietro molte testate online che popolano il panorama calabrese si nascondono finanziamenti pubblici, a volte cospicui, a volte sotterranei. Quanti di questi mezzi di informazione mostrano chiaramente, in alto sulle loro pagine, chi li sostiene con soldi pubblici? Pochissimi, se non nessuno. E questo è un fatto grave. Perché il lettore ha diritto di sapere chi finanzia chi, per giudicare con cognizione di causa l’indipendenza di ciò che legge.
Non si tratta solo di trasparenza, ma di dignità professionale e di rispetto verso chi – e sono tanti – cerca nella stampa un faro di informazione autentica. E invece spesso trova solo echi indistinti, sospetti non confermati e un silenzio assordante di chi dovrebbe avere il coraggio di scavare e raccontare.
Va detto con franchezza: anche noi siamo cascati nell’equivoco rilanciando i boatos, e probabilmente abbiamo fatto male. I boatos possono travisare la realtà dei fatti ed essere usati per fini personali, diventando così un cattivo servizio all’informazione e, soprattutto, al lettore. Come nel mio DNA, se sbaglio faccio un passo indietro e chiedo chiarezza. È solo così che il giornalismo può ritrovare la sua strada e la sua credibilità.
Il lettore, in Calabria come altrove, è l’unico vero sovrano dell’informazione. È lui che merita la chiarezza e la verità, non i pettegolezzi travestiti da scoop, non il confuso sussurrare di retroscena senza sostanza.
Se vogliamo credere in una stampa libera, in un giornalismo che non si piega al potere, allora è ora di cambiare pagina. È ora che le testate dichiarino apertamente chi le sostiene, che le inchieste vengano raccontate con nomi, fatti e documenti, e che il silenzio complice venga spezzato.
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