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Sinner. Il Rosso di Parigi, l’eredità del futuro

Sinner. Il Rosso di Parigi, l’eredità del futuro”

Editoriale di Luigi Palamara 
Ci sono momenti in cui lo sport smette di essere gioco e diventa racconto epico. Attimi in cui il presente, il passato e il futuro si toccano sul filo di una racchetta. Venerdì 6 giugno 2025, a Parigi, è accaduto esattamente questo: Jannik Sinner ha battuto Novak Djokovic in tre set, e lo ha fatto come si chiude un libro che ha insegnato tutto. Con rispetto, con forza, con intelligenza. Ma anche con quella leggerezza dei predestinati che non temono più i confronti.

Non ha perso nemmeno un set in tutto il torneo. E contro il re di 24 Slam, ha mostrato non solo talento e resistenza, ma qualcosa di più raro: una maturità che sembra appartenere a un campione già completo. Quello contro Djokovic non è stato solo un match: è stato un passaggio di consegne silenzioso e definitivo, il momento in cui una generazione si fa da parte e un’altra, finalmente, prende posto sul trono.

Sinner, con la sua compostezza glaciale e la sua logica implacabile, ha messo in scena una bellezza geometrica del tennis. Ogni colpo sembrava calcolato da un architetto dell’equilibrio, ma portava il calore di chi sa anche divertire. E il pubblico, in piedi, gli ha chiesto solo una cosa: “Non correre troppo, facci sognare”. Lui ha sorriso. E ha obbedito.

Ora lo attende Carlos Alcaraz, e non sarà solo una finale. Sarà il manifesto di un’epoca nuova, la nascita ufficiale di una rivalità che non è fatta di scontri ma di visioni del mondo. Alcaraz è fuoco, esplosione, istinto primordiale. Sinner è ghiaccio, controllo, astrazione. Eppure, in quel contrasto, c’è una bellezza che il tennis non vedeva dai tempi di Borg e McEnroe, Sampras e Agassi, Federer e Nadal.

Domenica, al Roland Garros, non si gioca solo per un trofeo. Si gioca per la leadership di una nuova era. Due ragazzi nati nel XXI secolo, che parlano lingue diverse, ma capiscono lo stesso linguaggio: quello dell’eccellenza. Sinner vuole la rivincita dopo Roma. Alcaraz non vuole cedere il passo. Entrambi sanno che non si tratta più solo di vincere. Si tratta di segnare il tempo.

Nel rosso della terra battuta si specchia, ora, il volto del futuro. E ha i lineamenti gentili e determinati di un ragazzo altoatesino che non urla, non esulta mai troppo, ma che ha deciso – con il silenzio dei grandi – di prendersi tutto.

Popcorn pronti. Ma occhi lucidi. Perché domenica, sul campo, non vedremo solo tennis. Vedremo la storia mentre accade.

Luigi Palamara 

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